*Testo liberamente tratto da :
“L’ombra del Padre”
di Jan Dobraczynski sulla figura di San Giuseppe*
Non riuscirono a raggiungere Ascalona tanto in fretta. Miriam aveva il piede ferito. In attesa che la ferita si rimarginasse, rimasero per tre giorni nell’alveo del fiume in secca. Estremamente preoccupato solo di dover lasciare Miriam e Gesù da soli in quel luogo deserto, Giuseppe si spinse al villaggio vicino per acquistare del cibo.
Nella stretta caverna in cui si erano nascosti aveva strappato una maglia alla catena donata da Baldassarre e, battendola, ne aveva ricavato due lamine sottili. Con queste lamelle aveva intenzione di pagare il cibo. Non aveva danaro. E d’altronde aveva timore di svelare che possedevano la catena preziosa.
Gli riuscì di acquistare del cibo in cambio di un piccolo foglio d’oro. Interrogò cautamente gli am-ha’arez se non fosse giunto loro all’orecchio che i soldati del re cercassero qualcuno. I contadini erano molto occupati nel loro lavoro e non erano a conoscenza di nessuna ricerca.
Finalmente il piede di Miriam si sgonfiò. Era possibile rimettersi in cammino. Di notte, lungo strade non segnate. Giuseppe condusse i suoi ad Ashkelon, chiamata dai Greci Ascalona.
Qui ad Ascalona abitava un conoscente di Giuseppe, il tessitore Attaj, che una volta Giuseppe aveva aiutato e che aveva detto di voler ricambiare l’aiuto. Giuseppe non vedeva Attaj da qualche anno, ma era convinto che quegli avrebbe offerto loro rifugio. Allorchè si trovò nel quartiere giudeo, i passanti gli indicarono immediatamente la misera casupola in cui abitava Attaj.
Si trattava di una tana oscura, colma di tanfo e di sudiciume. Attaj vi si era sistemato insieme alla moglie e a nove figli sporchi, mocciosi e affamati. Nella casa dominavano la povertà e lo squallore. Attaj era ammalato: tossiva e andava soggetto alle febbri, così non poteva guadagnare molto. I bambini andavano a mendicare.
Nonostante la miseria accolse immediatamente Giuseppe. Non aveva però nulla da offrirgli al di fuori di un angolo oscuro nella stanza sporca.
La mattina immediatamente successiva all’arrivo ad Ascalona, Giuseppe si recò al mercato. Voleva comprare del cibo e chiedere in giro quale strada seguire. Camminava tra le bancarelle quando all’improvviso giunsero al suo orecchio parole che gli sconvolsero il sangue.
L’uomo raccontava gesticolando vivacemente……
Giuseppe ascoltò inorridito e disse: “non ho sentito tutto quello che hai detto, ripeti, che è successo a Betlemme….?”
….. “Quei soldati cercavano un certo Bambino. Si dice che sia il Figlio di un re, e che da Lui siano venuti ambasciatori dal re dei Parti. Ma non hanno trovato il Bambino. I suoi genitori sono fuggiti con Lui. Così, per la rabbia hanno ammazzato tutti gli altri. Ma continuano a cercare quelli che sono scappati. Vanno a cavallo per le strade, domandano dappertutto di una famiglia con un bimbo piccolo. Hanno promesso un grossa ricompensa…..”
Così come aveva detto a Miriam, era convinto che per il momento fosse meglio non lasciare la città. In casa di Attaj erano nascosti. Bisognava rimanere per un po’ di tempo in quel nascondiglio, fino a che si fossero fermate le ricerche.
Era così strano, eppure la cosa si ripeteva: quando un colpo inatteso li minacciava, l’Altissimo giungeva in aiuto mettendoli in guardia; ma non faceva nulla di più. Li lasciava alla loro intraprendenza, lasciava a lui la parte del padre…..”
Sopra di loro fiammeggiavano le stelle, e da esse scendeva verso il basso una sorta di tendaggio argenteo, scintillante di palpitanti fili luminosi. Regnava il silenzio e soltanto dalla parte del mare giungeva il fragore delle onde. Oltrepassavano villaggi dormienti mentre tra le alture ululavano gli sciacalli.
Erano giunti in Egitto dopo un viaggio faticosissimo nel quale sembrava non sarebbero mai arrivati.
Nell’antica terra di Gosen tuttavia erano sempre vissuti parecchi Ebrei e costoro si erano affrettati a porgere aiuto ai nuovi venuti.
*****
“Noi abbiamo gli immigrati alle nostre porte. Per me è il Signore che passa”.
(Card. Francesco Montenegro)
Preghiamo!
Signore, gli uomini si chiamano da un silenzio all’altro,
si cercano da una solitudine all’altra,
e tutte le voci che vengono da fuori.
Solo tu sei una voce che suona in mezzo all’anima.
Vieni e parla ancora, tu che sei il più forte,
perché sei l’unico che parla al cuore.
E donaci, ti preghiamo, un cuore che ascolta.
Amen
Ruggero Radaelli – Diacono
che meraviglia! grazie di cuore per questa perla
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